mercoledì 21 novembre 2018

IL ROVESCIO DELLA MEDAGLIA

“Ho una cagna straordinaria: metà labrador, metà bulldog. Una buona combinazione. Beh, certo, magari mi stacca la gamba con un morso, però poi me la riporta.”(Jimi Celeste)

English version a the link : The downside of the 'special person'


Il tema dell’uomo e della donna ‘speciali’ resta uno dei tormentoni preferiti delle nostre possenti infatuazioni,  strazianti innamoramenti e cotte feroci. Anche qui vale la pena fare due riflessioni, sempre per amore della scienza e di una birretta in buona compagnia.
Intanto sfatiamo il mito del Principe Azzurro e della Grande Gnocca per cui le donne aspettano languidamente il cavaliere senza macchia e senza paura e gli uomini la vergine-gran-mignotta che rassicuri il loro senso  di onnipotenza virile.
Aldilà di questi estremi estremamente irrealistici, esistono tuttavia persone con qualità fuori dall’ordinario, di fronte alle quali facilmente ci scappa detto che “hanno una marcia in più”. Un certo fascino magnetico irradia da loro, spesso scollegato dall’aspetto fisico perlopiù ordinario, eppur impreziosito da qualcosa d’indefinibile che nel migliore dei casi io tendo a chiamare ‘luce dell’anima’.


Questa qualità, per quanto attraente al primo colpo, diventa generalmente molto repellente per chi non sia in qualche modo su tale lunghezza d’onda. Inizialmente, una forte profondità di sentire e di pensiero, uniti a doti come  schiettezza e autenticità risultano indubbiamente affascinanti per un individuo intelligente e di una certa sensibilità. Alla lunga però, tale individuo si rende conto di star camminando sull’orlo di un abisso: la persona profonda e spirituale sa convivere con i suoi splendori e le sue crisi, ma non è detto che ciò sia tollerabile per chi gli o le sta accanto.
La persona profonda e  autentica ha poi anche la non sempre piacevolissima virtù di dire senza filtri quello che pensa, toccando con grande facilità i nervi scoperti dell’altro così come strimpella spietatamente i propri. Questo per via della sua brutta tendenza a pensare che tutti ricerchino la verità come fa lei, per cui applica tale metro indiscriminatamente al partner così come all’animale domestico , che onestamente preferirebbero anche un po’ di sana ipocrisia e quieto vivere.


Senza scomodare qualità mistiche o tormenti esistenziali, basti anche solo pensare a una donna dotata di forza interiore e indipendenza emotiva.  Perfino un uomo mediamente intelligente potrà gioire del fatto di non trovare sul cellulare  300 whatsapp o 20 chiamate all’ora più scenate di gelosia all’apparire di ogni essere di sesso presumibilmente femminile. Se però tale uomo non possiede una solida autostima e altrettanta serenità emotiva,  dopo un po’ comincerà a condannare quella donna come ‘sfuggente, fredda, poco compiacente ed egoista”.
Saper gestire le forze dell’attrazione  e della repulsione si rivela  dunque un processo di progressiva sintonizzazione e reale ascolto dell’altro – significa saper andare un po’ oltre le nostre paure, ferite e bisogni mettendo in dubbio facili idealizzazioni e inverosimili aspettative



Si tratta di saper regger il contraccolpo non sempre positivo - per la nostra percezione -  delle qualità ‘positive’ dell’altro, imparando a vedere dove i suoi lati oscuri entrano in risonanza con i punti dolenti nostri.  Tutto questo può offrirci un’occasione in più per crescere e guarire insieme, finché è possibile e senza farsi inutilmente del male.


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IL RIFIUTO 3 : rifiutare

“Una cipolla al giorno leva tutti di torno.”(Anonimo)


Vale la pena anche spendere due parole sulla parte ‘attiva’ o (‘cattiva’?) di questo dramma, su quella che in apparenza rappresenterebbe il ruolo del ‘carnefice’. Qui entra in gioco il famoso ‘saper dir di no’, arte quanto mai difficile perché nella concezione comune significa far soffrire un’altra persona. In realtà, molte volte, ciò che ci trattiene dal dire un onesto ‘no’ è la paura di perdere quell’immagine di noi stessi tanto buoni, altruisti o semplicemente tanto indispensabili e importanti che abbiamo lungamente faticato a costruire.
Non occorre dare ragioni per dire un ‘no’: ‘no’ è una frase completa. Non occorre neppure che l’altro ci stia un po’ sulle balle per potergli infliggere un ‘no’ a cuor leggero. E’ un nostro diritto porre dei limiti, prendere tempo, non dare spiegazioni. Non siamo la Sibilla Cumana che deve dar risposte a tutti.



Saper rifiutare e saper essere rifiutati sono in fondo la faccia della stessa medaglia. Fa parte di un sano, ‘sportivo’ senso di realtà, un saper stare al mondo con leggerezza. Cosa urta un rifiuto, l’orgoglio? Bene, quell’orgoglio ferito scaturisce dalla stessa debolezza emotiva che ci impedisce di dire un ‘no’ sincero e deciso. E’ fatto della stessa pasta inconsistente di un senso di valore fondato solo sulle conferme altrui e sui riconoscimenti esteriori.
Quando un rifiuto affonda troppo in noi, vediamo chi o cosa si sente minacciato e impariamo ad abbracciare queste parti fragili e poco mature di noi. Non pretendiamo che se ne debbano occupare gli altri, o che tutti debbano camminare in punta di piedi per non ferire la nostra delicata suscettibilità. Impariamo con dolcezza a stare nell’imperfetto, nel vulnerabile e nel cambiamento, coltivando in noi una parte più luminosa, stabile e forte capace di osservare e  sorreggere tutto questo. 



Del resto, come diceva il buon Stan Lee “un personaggio che non fa errori e si comporta sempre in modo impeccabile non è affatto interessante.” E nemmeno umano - aggiungerei io.

##Vedi i due post precedenti Alcune premesse e Essere rifiutati


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Il RIFIUTO 2 : essere rifiutati

“Ogni rifiuto importante, ogni abbandono che brucia è una piccola morte dell’ego. Ringrazia chi ti rifiuta, perché ti dà l’opportunità di risorgere Altro, di rinascere Spirito.”(Sara Bini)


Non mettersi minimamente in discussione è tragico, ma lo è anche andare in paranoia di fronte a ogni critica, di fronte a un no o a un partner che ci rispedisce al mittente. Ogni rifiuto può essere istruttivo, verificati alcuni fattori, come ad esempio da che pulpito viene la predica: mi rifiuta qualcuno con cui sono uscito tre volte o una persona che stimo e che penso sia arrivata a conoscermi bene? In tal caso, su cosa si basa il suo allontanarmi? E in cosa, di preciso, mi allontana? Anche qui limitiamo il danno: se per esempio qualcuno non mi vuole come partner non è detto che mi rifiuti in toto come persona. Inoltre, anche solo per amore della scienza, posso usare le sue motivazioni per vedere se c’è qualcosa di effettivamente ‘repellente’ in me e magari lavorarci sopra, sempre se mi va. 


Anche in questo caso, bisognerebbe apportare i dovuti miglioramenti senza fanatismi  e senza perdere di vista il fatto che l’assoluta perfezione non è di questo mondo. Prima o poi bisognerà pur far pace con noi stessi e con quegli aspetti di noi che sono scarsamente modificabili, tipo quelli fisici, o con tratti caratteriali che sono distintivi della nostra identità. 
Come si suol dire, non è possibile piacere a tutti e non è neppure un granché corretto fingersi diversi e compiacenti per essere amati e accettati. Prima o poi la nostra verità verrà a galla, di solito accompagnata da una discreta quantità di rabbia e recriminazioni del tipo “ho fatto tutto questo per te, per i nostri figli e per la nostra galassia e tu adesso te la spassi con la vicina di casa, porco!”.



Per concludere, smussati gli angoli più nocivi della nostra personalità e raggiunto un certo grado di pacificazione interiore – che gli altri ci rifiutino pure. Per assurdo, noteremo che più ci vogliamo bene, più saremo capaci di voler davvero bene e, di conseguenza, verremo maggiormente accolti  e meno rifiutati.

##Vedi il post precedente Alcune premesse e quello seguente Rifiutare

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Il RIFIUTO 1 : alcune premesse

Lloyd: Quante possibilità ho?
Mary: Non molte.
Lloyd: Vuoi dire non molte tipo una su cento?
Mary: Io direi, piuttosto, una su un milione.
Lloyd: …Allora stai dicendo che una c’è! E vai!!! (Scemo &+scemo)



Nonostante il titolo del post, non parleremo di raccolta differenziata o termovalorizzatori, quanto piuttosto di un’altra grande star nel panorama delle turbe psichiche umane: la paura e la ferita del rifiuto. Quasi impossibile non essere stati mai stati ammorbati, o per via diretta o per vie traverse, dalla pesantezza di questo nucleo emotivo irrisolto.
Farò alcune premesse generali, prima di entrare più nello specifico nei post seguenti. Tanto per cominciare, una vita significativa e interessante è, a mio avviso, spesso costellata da una serie di rifiuti, basti pensare a Verdi che fu bocciato all’esame di ammissione al Conservatorio. Inoltre, se siamo stati rifiutati, significa quantomeno che ci siamo messi in gioco, tentando di varcare i limiti del sicuro e del conosciuto per aprirci a nuove esperienze.

Oltre a ciò, c’è da dire che il rifiuto raramente va preso proprio sul personale – e questo forse è l’errore più classico, perché tendiamo a pensare che tutto il mondo ruoti intorno a noi e, nella fase paranoica, che tutto il mondo ci giudichi e ci condanni severamente. Quando recuperiamo un po’ di sano distacco, ci rendiamo conto che in realtà esistono tutta una serie di gusti, preferenze e alchimie non controllabili né predicibili, per cui a ognuno di noi piace qualcuno e qualcosa e non piace qualcun altro o qualcos’altro. E non c’è reale dramma in tutto questo, al massimo un “provaci ancora, Sam!” o un “ritenta, e sarai più fortunato!”.
Infine, il rifiuto si riferisce spesso e volentieri all’idea che ci siamo fatti di una persona, e non alla persona come è veramente. Se prendiamo ogni rifiuto acriticamente  come una sentenza  capitale, forse abbiamo bisogno di interventi più risolutivi rispetto al leggere il post di un blog o lamentarsi con un amico al bar.
Di questo tratterò nel prossimo post.

##Continua nei prossimi due post  Essere rifiutati e Rifiutare


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lunedì 1 ottobre 2018

LADY ORFEO

“Sono io che l’ho inventato, lui e tanti altri…[…]. Io mi sono inventata i miei ricordi, senza sapere cosa facessi, non ce n’è uno che mi riguardi.”(Samuel Beckett)

“Ma è andata diversamente, Dio saprà perché. I miei vecchi mobili marciscono in un granaio in cui ho potuto metterli, e io stesso, sì, mio Dio, io non ho un tetto su di me, e mi piove negli occhi.” (Rilke)
English version: Lady Orpheus



Sono sola, a più di 2000 km da casa, in un bar di Siviglia che si chiama “Orfeo”, in preda ai miei ‘fantasmi’. Il mio volo è stato annullato a causa di un enorme incendio nei pressi di Pisa: terra bruciata alle mie spalle. 
Una vacanza forzatamente prolungata che mi costringe a confrontarmi con parti di me irrisolte e con dolorosi ritorni del passato. Siviglia non è certo Chernobyl o la striscia di Gaza, ma quando ci si trova a fare i conti con i propri incubi personali, l’esperienza non è mai un granché piacevole. Per come sono fatta io, sarei stata male anche sui fiordi norvegesi con Brad Bitt. E lui, di sicuro, sarebbe stato anche peggio!
Poi, improvvisamente, una poesia.
A volte succede che, dopo una meditazione in cui chiedo luce, la Vita mi risponda in  sussurri poetici. 





Lady Orfeo

Attraverso l’Inferno
non ci si volta indietro

Il passato è una sirena
m’incatena la mente
Il passato è una lama
mi spezza le gambe
Avanti e ancora avanti
brucio i ponti alle spalle

Ché attraverso le Ombre
non si torna indietro

Non-toccata
Mai-appartenuta
In-violata
Non torno a Casa
se non Temprata
dal Fuoco



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venerdì 14 settembre 2018

VOGLIO UN UOMO/UNA DONNA 'SPECIALE'

Sei come un angelo -You’re just like an angel
La tua pelle mi fa piangere - Your skin makes me cry 
Tu galleggi come una piuma  – You float like a feather 
In un bellissimo vortice - In a beautiful whirl
Io avrei voluto essere speciale - I wish I was special 
Tu sei così fottutamente speciale – You’re so fucking special 
Ma io sono un verme - But I’m a creep  (Radiohead 'Creep)



Avanti, diciamocelo: niente è ‘a gratis’ nella vita. Le cose più belle, ce le siamo spesso sudate e patite. La felicità, bisogna sapersela permettere. Può costare impegno e coraggio, responsabilità e salti nel buio. Può costare errori e ‘orrori’, come amo a volte dire.
Del resto, per mia natura, ho sempre preferito “una fine con orrore a un orrore senza fine”, tanto per citare Enzensberger, e intendo l’orrore di una vita piatta, stagnante, oppure basata su rapporti di comodo in cui si indossano maschere perfino in contraddizione tra di loro.


A volte speriamo che sia l’incontro magico, una persona speciale a ‘salvarci’, a tirarci fuori dalla nostra noia o sofferenza, a dare un senso alla nostra  vita, riempiendone i vuoti. E qui sorge l’eterno dilemma: molte  donne vogliono un ‘uomo speciale’ e  anche molti uomini dicono di cercare una ‘donna speciale’. Poi, chissà perché, scelgono l’abitudinario, il ‘normale’, il ‘banale’. 
La spiegazione è che lo ‘speciale’, alla resa dei conti, fa paura. E’ ciò che non possiamo controllare, l’ignoto, colui o colei che fa emergere le nostre più profonde insicurezze, oltre ai nostri più abbaglianti splendori. 
Tutto questo vale nel fortunato caso in cui c’imbattiamo realmente in una persona fuori dell’ordinario. Ma esiste questa persona? Esistono uomini e donne speciali? Esiste il partner ideale? 
Non finché non lo diventiamo noi. Qualcuno dovrà pur cominciare a farlo! 


Siamo sempre molto bravi a fare le nostre richieste alla vita, all’universo o a Babbo Natale…ma quanto siamo disposti a dare? Quanto siamo disposti ad essere - speciali? 
Inoltre, perché una persona speciale dovrebbe prendersi la briga di stare con noi, specialmente se dopo un paio di mesi di frequentazione tentiamo di ‘normalizzarla’ o ‘addomesticarla’  secondo i nostri bisogni e le nostre ferite emotive non guarite? Ma per piacere! Cominciamo a cambiare prospettiva, rovesciamo il paradigma:
Dai ciò che vorresti avere.
Diventa chi vorresti incontrare.
Sii la tua persona ‘speciale’, ossia conosciti, scopriti, esprimi i tuoi talenti, realizza il bello nella tua vita, il buono, il vero. Se non altro, non avrai più il tempo di lamentarti su come mai la vita non ti manda qualche persona speciale!


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venerdì 7 settembre 2018

“NO SATISFACTION”: colmare il vuoto

Comincio a sentire la mia mancanza. (Sara Bini)


Quando si parla di ricerca dell’attenzione, non è mai facile invece trovare una formula risolutiva univoca per tutti. Intanto varrebbe la pena di chiedersi che tipo di attenzione diamo a noi stessi. Con che occhi ci guardiamo? E, soprattutto, ma ci guardiamo mai davvero? O lo facciamo solo attraverso gli occhi ‘degli altri’?
Questi fantomatici ‘altri’ sono un altro mito da sfatare, se si considera che l’essere umano, essendo tendenzialmente piuttosto egoista, a malapena riesce a pensare a se stesso. Nel caso poi senta davvero l’insopprimibile bisogno di guardare e criticare i suoi simili, lo fa perché, almeno in quel momento, sta messo molto peggio di loro. 


Dunque il pensiero degli ‘altri’ è spesso un modo inconsapevole per scaricare la responsabilità nei confronti di noi stessi. Io, ad esempio, ogni volta che ho fatto ciò che facevano ‘gli altri’, oltre a rovinarmi un par d’anni di vita, mi sono resa conto che tentavo di non assumermi la responsabilità delle mie scelte.
Prendersi la responsabilità della nostra vita significa cominciare a darci da soli l’attenzione o l’amore che meritiamo, liberarsi del pensiero degli ‘altri’ e agire. Significa dire basta alla ricerca di approvazione da parte di genitori o partner, essere pronti a mollare l’infelicità e la lamentela e prender l’iniziativa.
In ultima analisi, il nostro mondo esteriore rappresenta le contraddizioni del nostro mondo interiore dove, per definizione, siamo soli. Dunque, tanto vale coltivare l’autenticità e l’integrità con noi stessi, rendendoci sempre più degni della nostra attenzione e del nostro amore.



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“SONO ORIGINALE? SONO L’UNICO? SONO SENSUALE? ”: la richiesta di attenzione

“Sono originale? 
Sono l'unico?
Sono sensuale?
Sono tutto ciò di cui hai bisogno? - Am I original? (yeah)
Am I the only one? (yeah)
Am I sexual? (yeah)
Am I everything you need?”(Backstreet Boys ‘Everybody’)


Come si può facilmente evincere dalla citazione colta in apertura, questo post tratta dell’ammaliante potere del riconoscimento esteriore e delle conferme altrui, in una parola: dell’attenzione. Nell’infanzia, questo bisogno di attenzione è molto visibile e anche molto schietto e  innocente: il bimbo deve sentirsi ‘visto’ dal genitore, è una sorta di conferma della sua stessa esistenza. 
Ora, la percezione di questa attenzione da parte del bambino sembra poi determinare gran parte della sua personalità adulta: se non mi sono sentita vista da mio padre e mia madre è facile che mi senta insicura, inadeguata e con un’autostima vicina allo zero. Se ho fortuna, mi circondo di persone che smentiscono questa mia percezione fornendomi un’esperienza curativa, ma siccome il simile attira il simile, è più facile che ricerchi amici, partner o datori di lavoro che confermino la mia esperienza infantile. 



Da adulti quindi, il ‘sentirsi visti’ iniziale assume i significati del sentirsi amati, desiderati, riconosciuti socialmente, rispettati o invidiati; come si vede,  ce n’è per tutti i gusti. Possiamo vivere una vita intera persi nella ricerca dell’attenzione altrui per colmare le mancanze che abbiamo patito o che ci è sembrato di soffrire durante l’infanzia. 
Il buffo è che, anche se per qualche benevolo caso otteniamo riconoscimento e amore, nella maggioranza dei casi o non siamo in grado di percepirlo oppure non ne siamo mai sazi. Per cui è facile che continueremo ad agire come animali predatori o vittime sacrificali anche se siamo sposati con Madre Teresa di Calcutta.

##Continua nel post seguente“NO SATISFACTION”: colmare il vuoto


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Foto in apertura: Daniele Summo

lunedì 20 agosto 2018

STRUMENTI PRATICI DI CONSAPEVOLEZZA

“Se stai meditando e viene a trovarti un demone, accoglilo e fallo meditare con te.”(Gurdjieff)


Un sostegno molto utile per verificare il nostro livello di lavoro interiore sono dunque le emozioni. Purtroppo non sono facilmente contattabili perché tutta la nostra società si basa sulla loro sedazione o sulla loro manipolazione  - cioè l’evocazione di emozioni dense come paura o rabbia e la loro espressione senza freni. Inoltre è tendenzialmente più facile per le donne essere in contatto con la dimensione emotiva che per gli uomini, culturalmente addestrati a reprimere e a vivere più muscolarmente o intellettualmente.
Altro strumento allora a nostra disposizione è il giudizio. Ci è stato sempre detto di non giudicare, ma siccome siamo sul pianeta Terra e giudichiamo dalla mattina alla sera, tanto vale utilizzare tale pratica a nostro vantaggio. Seguendo un’indicazione abbastanza attendibile, ciò che giudico nell’altro e che, soprattutto, mi infastidisce,  in qualche misura mi appartiene



Un esempio personale: qualche giorno fa sono rimasta irritata e addolorata dal tono freddo e astioso di un amico durante una telefonata. Immediatamente mi sono tornati in mente gli episodi più salienti della mia vita dove io ho espresso esattamente tale energia, che peraltro mi caratterizza e mi ha afflitto per lungo tempo. Con che cuore posso giudicare il mio amico allora? Come posso non vedere che se condanno lui condanno anche me stessa?
Oppure ho sentito amici lamentarsi di essere circondati da persone false che in faccia dicono loro una cosa mentre alle spalle li criticano. Come mai, mi chiedo, si tengono allora queste persone nella loro vita? Forse hanno ancora da scoprire dove loro stessi agiscono tale qualità di ipocrisia, a chi mentono e perché?


Una volta compreso il messaggio, di solito il messaggero scompare oppure si trasforma, ossia gli amici bugiardi diventano magicamente più onesti, il marito gretto e materialista svela un lato umano e profondo, e via di seguito. Cambio io, cambia il mio mondo, o perlomeno imparo a conviverci con una certa pace.



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L’ALCHIMIA DI OGNI GIORNO

“Ecco in cosa consiste il Sentiero: nella vera trasformazione delle emozioni.”(Eva Pierrakos)
English version: Everyday Alchemy



Osservando molti percorsi e scuole diciamo ‘spirituali’ o di evoluzione interiore, ho osservato e sperimentato su me stessa e su altri la tendenza a un’iperattività della mente a scapito di quanto poi viene effettivamente realizzato sul piano delle emozioni e del comportamento.
Questo è del resto comprensibile, perché la suprema maestra è la Vita stessa, che continuamente ci ‘inizia’ o vorrebbe ‘iniziarci’  a una consapevolezza superiore attraverso le esperienze quotidiane con cui ci mette a confronto. Tuttavia non sempre recepiamo i suoi messaggi e andiamo a cercare templi, maestri, rituali e tecniche quando in quel momento il vero guru è nostro marito che ci fa venire la gastrite o i nostri figli che ci suscitano l’ansia. 


Normalmente quindi, assistiamo a una scissione tra ciò che è la nostra vita di ogni giorno e quello che pensiamo di  aver realizzato sul sentiero spirituale. Magari questo è facilitato dal fatto che conosciamo a memoria tutti i libri esoterici sul mercato o meditiamo venticinque ore al giorno con le tecniche yogiche più avanzate. 
Per fortuna (si fa per dire) poi arriva la Vita a smascherare i nostri limiti, toccando i punti dove il dente ancora duole, ossia toccando il piombo della nostra coscienza, il materiale ancora grezzo da raffinare. E arrivano anche le esperienze alchemiche, quelle che potrebbero sostenere il percorso di cambiamento e riarmonizzare le nostre vite e le nostre coscienze.


Tra il nostro capire intellettuale e il nostro agire coerentemente con esso giace il ponte traballante della nostra emotività, così poco conosciuta e quindi difficilmente trasformata. Ed è lì che si manifestano di solito le nostre incongruenze, quelle che danno un carattere un po’ schizofrenico alle nostre vite e talvolta anche i nostri sintomi fisici.
Trasformare il piombo in oro è proprio questo continuo lavoro di messa a fuoco delle parti dense e pesanti della nostra coscienza e delle nostre vite per portarle a espressioni meno distruttive e meno produttrici di sofferenza. Per fare questo lavoro, bisogna però percepire profondamente che il ‘male fa male’… altrimenti se nell’ombra sto ancora bene e mi torna perfino comoda, ogni giustificazione razionale basta a rimandare il lavoro alchemico a data da definirsi.



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domenica 19 agosto 2018

Michael Brown 7: La realizzazione di Dio e l’intimità

"Siamo qui, ora, per scoprire di poter realizzare la pace su questo pianeta. Quando ci regaleremo la consapevolezza della pace, lo specchio di questo mondo rifletterà il sorriso e il gioco del tutto."(Michael Brown)


Dio è amore e l’amore è Dio. Quando cerchiamo un’esperienza autentica di amore  con un altro essere umano stiamo cercando un’esperienza intima con Dio nel piano fisico. Stiamo cercando l’amore; stiamo cercando un amore che è ancorato al piano fisico e che allo stesso tempo ci fa risvegliare al piano spirituale/vibrazionale. La religione uccide l’amore rimpiazzando l’amato con un prete. La politica sostiene la religione e gli affari sostengono la politica. Religione, politica e affari sono la trinità della paura e dell’ignoranza sulla terra. 
L’amore non può fiorire in un giardino piantato con semi di paura. Credere ciò è fuorviante. La religione come la conosciamo oggi è il serpente che è strisciato nel Giardino dell’Eden e ha portato disarmonia nella relazione tra due esseri umani. Ha reso l’uomo impotente e la donna incompetente attraverso la conoscenza del bene e del male. La religione istituzionalizzata  è il ‘serpente’ nascosto dietro un ventaglio di sacre apparenze. Non credere a una parola di qualsiasi religione istituzionale se cerchi di assaggiare l’amore così deliziosamente come una mela matura e succosa.


La domanda è: abbiamo il coraggio di mandare all’aria l’intera falsa porno-soap-opera e intraprendere il viaggio iniziatico per sperimentare l’autentica intimità? Sappiamo già a cosa ci conduce il paradigma della ‘storia romantica socialmente approvata’ : di sicuro non all’amore. Mai all’amore. Perciò mai a Dio. I veri cercatori di un incontro amorevole e intimo sapranno questo esattamente come i veri cercatori di Dio. 
Cercare di far pace con la nostra famiglia mentre siamo in guerra con noi stessi è futile e non autentico. Tentare di entrare consapevolmente in una relazione intima con un altro esser umano quando ancora non sentiamo pace verso la nostra famiglia è futile e non autentico. Tentare di entrare in una relazione intima con ciò che Dio è per noi quando non abbiamo fatto pace con noi stessi, con la nostra famiglia e quando non siamo entrati in una relazione di intima autenticità con una altro essere umano è semplicemente arrogante. La strada è chiara per coloro che possono vedere:


Prima occorre conseguire intimità con noi stessi.
Poi occorre conseguire la pace verso la nostra famiglia.
A quel punto entriamo consapevolmente in una relazione intima con un altro esser umano.
Solo allora  ci avviciniamo a una relazione intima con Dio.
Non credere a ciò che ti è stato detto su Dio o sull’amore, se vuoi sapere davvero.
Entra nella tua esperienza, lasciale condurre il gioco e fidati di ciò che ti dice.
Dio è nella nostra esperienza e la nostra esperienza è in Dio.

Dall'articolo "Niente archetipi per le relazioni intime" di Michael Brown The Presence Process Portal


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Michael Brown 6: La coppia sul Sentiero di Consapevolezza

"La vita è la mia fonte, e la consapevolezza del momento presente è l'altare verso cui rivolgo le mie preghiere di ringraziamento."(Michael Brown)


Anche se pensiamo di esser al di sopra di questo condizionamento archetipico, non lo siamo. L’interno mondo ‘moderno’ si basa su questa matrice archetipica.
Tutto ciò che siamo stati portati a credere riguardo ‘l’innamorarsi’ si piega a questo paradigma; ‘innamorarsi’ è un punto di entrata nella matrice di questo programma.
Tutto ciò che riguarda il corteggiamento così come lo conosciamo è influenzato da questo paradigma: ‘il gioco del corteggiamento’ come viene giocato oggi è un’orchestrazione che prepara il laccio di quell’istituzione chiamata ‘matrimonio’. Ogni film di successo, show televisivo e bestseller riguardo ‘l’innamoramento’ funziona grazie a questa matrice; tali immagini servono a supportare la fiaba del famoso ‘happy end’  chiamato ‘matrimonio’.
L’ istituzione del matrimonio così come la conosciamo adesso è uno strumento del sistema; allorché in cui entriamo nel programma ‘matrimonio’ possiamo essere fisicamente, mentalmente, emotivamente e spiritualmente/energeticamente manovrati fino a diventare mangime per le agende di politica, religione e commercio.


Se continuiamo a creare relazioni con queste immagini archetipiche come guide o finiamo all’altare o in monastero; in entrambi i casi finiamo o col vivere insieme in silenziosa disperazione o da soli in silenziosa disperazione. O saltiamo da una relazione all’altra tentando di far funzionare qualcosa che è intrinsecamente difettoso o ci arrendiamo e chiudiamo il nostro cuore a questa impresa. O ci sposiamo, intrappolandoci in questa istituzione e poi ci distraiamo col lavoro, col golf, con i figli e con gli amanti, o divorziamo e riproviamo.
In alternativa, ci diamo alla spiritualità casta.  L’intimità reale è sempre soppressa dalla religione, dagli affari e dalla politica; il loro proposito è riempire il vuoto creato dalla nostra incapacità a fare esperienza dell’amore vero. A causa di questo vuoto cerchiamo un’esperienza illusoria chiamata ‘illuminazione’ invece d’intimità -  e di conseguenza troviamo delusione, disillusione, depressione e disperazione. Il sentiero verso l’autentica intimità non può essere percorso da ciò che noi conosciamo sulle relazioni e da ciò che siamo stati programmati a riprodurre. Se non siamo preparati a spazzare via tutto ciò che siamo stati portati a credere e se non poniamo tutta la nostra fede nella nostra esperienza personale come insegnante, non troveremo la via verso la vera intimità.

Dall'articolo "Niente archetipi per le relazioni intime" di Michael Brown The Presence Process Portal


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