domenica 7 giugno 2015

In-Kant-(esimo) 1: I giusti rapporti umani

 “…il cielo stellato sopra di me, e la legge morale dentro di me.” (Immanuel Kant)

Grazie al mio lavoro, in questi ultimi giorni mi è capitato di rileggere Kant e di riconsiderare il suo famoso imperativo “Agisci in modo che la massima della tua volontà possa sempre valere nello stesso tempo come principio di legislazione universale”. Mi ha sempre colpito, e stavolta quasi commosso, come questo immenso filosofo sappia condensare, nella sua trattazione, la massima capacità di astrazione con lo sforzo di ‘umanizzare’ l’umanità, appellandosi alle sue più alte facoltà di azione, sentimento e pensiero. Kant , generalmente recepito come autore ‘difficile’ dallo studente medio, ha avuto l’innegabile merito di “ragionare sulla Ragione”, svincolandola dal particolarismo utilitaristico e attuando così quel delicato passaggio mente concreta - mente astratta tuttora così difficile per molti di noi, troppo ancorati al proprio interesse  personale o alla propria emotività.


In realtà, se ci si pensa bene, questo imperativo non è altro che una ‘variazione su tema’ della ben più nota Regola Aurea ‘non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te’, tanto che l’autore stesso ne dà un’ulteriore riformulazione in senso relazionale : “Agisci in modo da trattare l'umanità, tanto nella tua persona quanto nella persona di ogni altro, sempre nello stesso tempo come un fine, e mai unicamente come un mezzo”. Mosso dall’istanza di universalità, Kant astrae e sta più sul ‘contenitore’ che sui ‘contenuti’. 
Questa seconda versione dell’imperativo categorico, a mio avviso, offre la chiave per realizzare una delle mete a cui l’essere umano, più o meno consapevolmente, tende nella sua evoluzione: i giusti rapporti umani.
##Continua nei due post successivi "Mi sento usato/a" e Chi usa chi


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